Trenta anni di attivitá ospedaliera

Il 24 Maggio 1983, all’età di 25 anni, varcavo la soglia del reparto di Clinica Medica dell’Università di Torino, diretta allora dal Prof. Molinatti, per iniziare il mio praticantato. Ero emozionato, era una giornata soleggiata e ricordo di essere entrato all’istituo salendo lo scalone esterno, quello con vista sul fiume Po. Sono salito lungo quei gradini di pietra, ricchi di storia e testimoni di tanta umana sofferenza, con studiata lentezza, assaporando quel momento tanto agognato. Ricordo anche di avere pensato “…chissà come ricorderò questo momento negli anni futuri…”.

Non potevo sapere allora che sarei rimasto come allievo interno in quel reparto per ben nove anni, invece dei sei mesi previsti, ossia per la rimanente parte del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, per tutto il periodo della specializzazione in Oncologia Medica ed anche oltre. Lo avrei abbandonato solo nel 1992 per prendere servizio presso l’Oncologia di Pinerolo lasciandovi comunque una parte di me…

Quella mattina fui assegnato all’equipe diretta dal Prof. Giovanni Luca Pagliardi con cui entrai immediatamente in sintonia e con il quale, negli anni a venire, avrei discusso ben due Tesi, quella di Laurea e quella di Specializzazione. Ricordo il primo giro visita, una leucemia in corso di definizione diagnostica, un recente infarto del miocardio in una donna grande obesa… e ricordo le avide e veloci letture sui testi della biblioteca dell’Istituto di Medicina Interna per approfondire le mie conoscenze ed essere all’altezza delle discussioni d’equipe inerenti i casi ricoverati…

Oggi ho meno aspirazioni, meno sogni e meno illusioni. Sono trenta anni che indosso un camice in una corsia di ospedale, ho una figlia liceale, una moglie adorabile e due anziani genitori con una intera vita di sacrifici alle spalle.

Purtroppo il futuro non lo vedo roseo come lo vedevo un tempo, le difficoltà del mondo reale hanno da tempo smorzato i giovanili entusiasmi, ciò nonostante vado avanti con caparbietà sulla strada intrapresa. Probabilmente il percorso che ho davanti è più breve di quello che mi sono lasciato alle spalle ma non meno interessante. Del resto, parafrasando Prust, non è importante la meta del viaggio ma il viaggio in se rinnovandoci ad ogni svolta del percorso per poter guardare il mondo con occhi diversi.